L’opera vuole raffigurare l’affinità tra l’umano e la musica attraverso l’unione del musicista e il suo strumento. L’idea di Braglia è nata ascoltando musica jazz e osservando, nei filmati di alcuni concerti, i vari musicisti. Di solito il musicista che suona il contrabbasso è colui che non ha un ruolo di spicco e sembra sempre viaggiare in un mondo diverso da quello degli altri suoi colleghi. Assorto, silenzioso, mai protagonista ma sempre indispensabile. L’opera è nata buttando giù un schizzo davanti ad un filmato e successivamente cercando le stesse emozioni musicali modellando la materia. I personaggi dello scultore toscano conservano il loro aspetto sabbioso perché chi li osserva possa vedere la loro autentica costituzione: un turbine, un fumo di particelle che il pensiero dell’artista ha solidificato plasmandone le figure essenziali. Sicuro e personale erede del Cubismo sintetico, quasi alla Archipenko, Braglia toglie il volto ai suoi musici e danzatori perché di umano resti loro solo la forma base a ricordare l’origine della mente che li ha creati. Il resto è tutto armonia e continuo movimento.