Venerdì 6 maggio, per il ciclo “Arte negli Spazi Temporanei” promosso dalla Fondazione Rusconi, ha inaugurato nello spazio di via Giuseppe Petroni 22/A, The soft parade, una mostra collettiva a cura di Marcello Tedesco che presenta le opere di alcune delle più significative figure del panorama dell’arte contemporanea nazionale in dialogo con artisti più giovani.
Il titolo, The soft parade, allude all’omonimo album dei Doors uscito nel 1968, in cui la frase dello stesso Jim Morrison descriveva in modo poetico la variopinta umanità che popolava Sunset Boulevard in quel periodo, dove distinte e connotate individualità si ritrovavano nello stesso ambiente per fondersi con libertà e audacia in un’insolita, gentile coralità.
Come in una sorta di gioiosa dionisiaca sinfonia, The soft parade vuole provare a ricreare un’atmosfera di confronto, di superamento di rigide categorie interpretative della realtà. Un’esperienza forse necessaria in un periodo storico connotato da una visione fortemente polarizzata e unidirezionale della società. Così sintetizza il curatore: “ho pensato questa mostra come una sorta di antidoto in grado di sviluppare l’impulso ad una atmosfera di pluralità e tolleranza, di democratica, pacifica vitalità. Grazie alla straordinaria qualità delle opere esposte e all’interazione che queste hanno tra di loro sarà possibile fare un’esperienza di equilibrio tra le forze rigidamente polarizzate che caratterizzano l’attuale periodo storico”.
L’allestimento sottolinea il carattere frammentario, ritmico ed eterogeneo, dell’esposizione, dove le singole opere sono concepite come “frasi musicali” che si sommano ad altre in continue ed infinite combinazioni, dando vita a possibilità linguistiche inaspettate. Questo (super) linguaggio potrebbe risultare forse dissonante, poco convenzionale, così come del resto lo fu l’avvento di Dioniso: il dio venuto dall’India per compenetrare la fredda razionalità funzionale del nomos con l’estasi e l’ebrezza, innescando un processo nell’occidente da una parte traumatico e dall’altro fortemente rivitalizzante. Il suo è un atto d’amore, un tentativo di riequilibrare la tendenza dell’uomo a cristallizzare eccessivamente il precario e l’incertezza che connota il vivente.
Una delicata e vertiginosa capacità di ridefinire le istanze del linguaggio connota l’opera di Sergia Avveduti. Attraverso combinazioni apparentemente incongrue, l’artista stabilisce da un lato il suo ruolo con la realtà, dall’altro quello dell’arte. In mostra una scultura del 2008 “Due giorni di servizio”, dove con un minimo gesto viene evocata tutta la rarefatta, aerea, realtà dell’essere umano.
Concepito come una sorta di fugace appunto visivo, la litografia di Kengiro Azuma del 1974, sembra trovare, con grande disinvoltura, la sintesi tra le forme assolute care alla cultura orientale-zen e gli aspetti speculativi e progettuali che connotano la civiltà occidentale. Come sulle ali di un’aquila in quest’opera riusciamo ad abbracciare due lontanissimi orizzonti.
Le immagini di Valentina D’Accardi sono dei dispositivi che testimoniano che è possibile muoversi in modo non lineare nella dimensione temporale. Memore, o forse no, del pensiero mistico di Sant’Agostino, collega con naturalezza l’interiorità più remota con il mondo fenomenico più evanescente: i fiori. In mostra una sua fotografia del 2021 delle serie “Abissi”.
La radicalità del lavoro di Flavio Favelli consiste nel voler parlare, in modo neutrale, della realtà con gli elementi fisici e simbolici che la connotano. Un minimo spostamento semantico diventa un evento fatale che determina esiti inaspettati, in mostra un’insegna al neon del 2019, dove tre stelle si accendono sulla storia o diversamente sulla sua fine.
L’opera di Eva Fischer è un olio su tela del 1948 che sintetizza bene un linguaggio, sviluppato per tutta la sua produzione, caratterizzato da una dinamica tra svelato e occultato, affermazione e negazione. Attraverso meticolose velature di colore o violente raschiature della superficie pittorica crea episodi visivi estremamente drammatici e vitali.
Niccolò Morgan Gandolfi instaura un rapporto con la realtà complesso e articolato, che si veicola essenzialmente attraverso la sottile interazione tra il linguaggio scultoreo e quello fotografico. Il paesaggio fortemente antropizzato di oggi è lo spunto per creare raffinate matrici in terracotta dal sapore ironicamente archeologico.
Una sobria drammaticità caratterizza l’opera “Five in Flag” di Marina Gasparini, cinque bandiere di diverse nazioni vengono private del colore che le identifica come simboli nazionali e sovrapposte caoticamente una sull’altra. Lo spazio vuoto lasciato dal colore allude sia all’avvio di una nuova possibilità sia a una irreversibile assenza o perdita.
La pittura di Ester Grossi è capace di fare qualcosa di apparentemente impossibile: rendere sensuali e attraenti le forme della geometria piana. Attraverso un risolto rapporto tra la superficie pittorica e il soggetto rappresentato l’artista riesce a dare erotica sostanza a quello che comunemente viene percepito come fredda astrazione. In mostra un suo acrilico su tela del 2021.
Il linguaggio artistico di Corrado Levi sembra essere attraversato dai brividi di una perenne febbre.
La tecnica mista su carta del 2021, presente in mostra, riferisce di questa condizione limite dove la forma e i segni che la compongono, dopo essersi incredibilmente compressi, si disgregano in una improvvisa inesorabile emanazione di luce.
L’opera di Yari Miele del 2021 in onice iraniano è una monumentale invocazione a tutto ciò che connota la tenacia ritmica e inesauribile del vivente. La forza archetipica di un drago viene chiamata dall’artista a guardia di un prezioso tesoro: l’arte come sinonimo di vita. Questo aspetto è suggerito anche dall’allestimento che vede dispiegarsi l’imponente scultura lungo tutta la sala principale.
Il fare di Sabrina Muzi è permeato da una natura fortemente nomade e inquieta, caratterizzata da un sincretismo che riesce a rendere plausibili ambiti e luoghi del sapere molto distanti come l’astrologia, il mito e l’antropologia. Nella preziosa tecnica mista su carta del 2021 “Chéiron” l’artista è capace di farci intravedere scenari enigmatici.
Per Luigi Ontani la realtà è tutt’altro che qualcosa di noiosamente monolitico, diversamente è governata da una forza giocosa e umoristica che assume come suo principio la costante, perenne metamorfosi. Nella litografia del 1982 in mostra l’artista si rappresenta come il dio Zefiro, personificazione del mite vento primaverile che soffia da ovest.
Una sorta di poesia visiva è l’ambito nel quale l’opera di Chiara Pergola “Deterrente” del 2021, si inserisce per riuscire a creare nuove possibilità legate alla comunicazione del pensiero. Attraverso il taglio di sofisticate matrici in carta, l’artista crea uno spaesante, fantasmagorico, labirinto dove è possibile esprime concetti che la semplice enunciazione lineare renderebbe forse inaccettabili.
La perizia tecnica dell’opera di Andrea Renzini del 1996 sem¬bra essere una strategia per poter fabbricare una forma-navicella in grado di trasportare lo spettatore verso terre e orizzonti sconosciuti. La ricerca della bellezza, volutamente distratta, che sembra connotare la vicenda di quest’artista parla della modestia di volersi confrontare con qualcosa che immancabilmente sfugge.
La pittura di Martina Roberts è un paziente esercizio legato al ritmo, al raggiungimento di una inaudita tonalità sonora vicina al silenzio. Attraverso la rappresentazione di fitte reti stabilisce un canone tra pieno e vuoto, tra colore e totale assenza di esso. Nell’opera del 2020 esposta “Nel nero” l’artista rende presente un luogo del linguaggio assoluto e difficilmente comunicabile.
Antonio Violetta presenta un’opera scultorea del 2020 intitolata “Torso”, in questo caso l’apparente classicità del tema viene rivitalizzato in maniera tellurica dall’artista di Crotone, grazie a un attrito che egli instaura tra una dimensione diurna, legata alla rappresentazione, e un’altra notturna e inconscia legata al superamento di qualunque concrezione.
Scheda tecnica
Titolo mostra:
The soft parade
A cura di:
Marcello Tedesco
Artisti:
Sergia Avveduti, Kengiro Azuma, Valentina D’Accardi, Flavio Favelli, Eva Fischer, Niccolò Morgan Gandolfi, Marina Gasparini, Ester Grossi, Corrado Levi, Yari Miele, Sabrina Muzi, Luigi Ontani, Chiara Pergola, Andrea Renzini, Martina Roberts, Antonio Violetta
Date:
6 maggio-4 giugno 2022
Inaugurazione:
6 maggio 2022, ore 18.00
Giorni e orari di apertura:
lunedì-martedì 16-19
mercoledì su appuntamento
giovedì-venerdì 16-19
sabato 15-19
domenica chiuso
Per appuntamenti è necessario concordare con anticipo la visita:
T. 338-5661021 – marcellotedesco1@gmail.com
Ingresso:
Gratuito, con mascherina per la protezione individuale obbligatoria
Sede espositiva:
Fondazione Rusconi – Arte negli Spazi Temporanei
Via Giuseppe Petroni, 22/A 40126 Bologna
Informazioni:
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