La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presenta, dall'11 settembre all'1 febbraio 2015, la personale di David Ostrowski (Colonia, 1981), uno dei giovani artisti più interessanti dell’ultima generazione di pittori astratti che si sta affacciando sul palcoscenico dell’arte contemporanea internazionale.
Dopo essersi formato alla Kunstakademie di Düsseldorf sotto la tutela di Albert Oehlen, uno dei più influenti e controversi pittori contemporanei, Ostrowski si è imposto all'attenzione internazionale e negli ultimi due anni le sue opere sono state esposte a Berlino, Parigi, Zurigo, New York, Los Angeles.
David Ostrowski ha scelto la pittura come medium e come oggetto della sua ricerca. La sua pratica si basa su un processo continuo di esperimenti ed errori, coincidenze e sorprese che vengono incluse nel lavoro al fine di raggiungere una bellezza inattesa, una poesia visiva.
L'approccio riduzionista alla pittura astratta, insieme al progressivo rivolgersi della sua pratica artistica verso l'ignoto e l'incomprensibile, lo hanno consacrato come un protagonista del rinnovamento della pittura contemporanea: “Sono mosso dal desiderio di provare a creare qualcosa di nuovo, qualcosa che io non conosco ancora. Per me la pittura è il tentativo di dare un significato all'insensato. Io non sono interessato a capire; per me, è una questione di non capire”.
Gran parte del suo successo internazionale è dovuto alla Serie F: un ciclo di dipinti iniziato nel 2011 e presentato per la prima volta in Italia alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, insieme a nuove produzioni. A seguito di un incendio nel suo studio a Colonia, tutte le tele di Ostrowski bruciarono tranne una, rimasta danneggiata dalle fiamme e macchiata dalla fuliggine ma ancora integra: proprio da questa decise di ripartire, iniziando una serie di dipinti tuttora in corso.
Oltre a citare il voto scolastico più basso e negativo, F è l'iniziale della parola tedesca fehlermalerei, traducibile con “pittura sbagliata”. Una lettera simbolica, che indica in qualche modo il fallimento dell'artista, del suo fare pittorico, della sua esperienza accademica passata e quindi la sua urgenza di rottura con le modalità tradizionali della pittura.
I dipinti in mostra uniscono, in composizioni delicatamente bilanciate, strati di sporco sedimentato sulla tela, polvere e vernice spray stesa con una tecnica molto particolare: Ostrowski, destrorso, immagina di dipingere con la mano destra come fosse la sinistra. Una metodologia primitiva, che porta inevitabilmente ad una perdita di controllo, ad un approccio fluido e immediato alla pittura. Ostrowski costruisce e distrugge l'immagine nei suoi dipinti aggiungendo e scartando frammenti di tela e colori, includendo ritagli e polvere, senza alcuna strategia o cronologia: lo sforzo è quello di ridurre il proprio potere decisionale alla fisicità delle proprie azioni.
“Le mie opere sono me stesso, tutto quello che sono, che dico, che faccio, quello che ho dipinto e quello che dipingerò presto o tardi e che deve ancora essere vissuto. Le mie opere sono come i film francesi: romantici, apparentemente senza senso e ti portano sempre ad una fine”.